In vacanza con Adria e Alice a Viareggio

Finirò mai questo racconto ???

In vacanza con Adria e Alice a Viareggio

Leggetelo se avete qualche minuto …

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Cesare a Viareggio in vacanza con Adria e Alice

In casa da mesi non si faceva altro che parlare di questa partenza.
Il più delle volte sottovoce, cercando di non farmi sentire quello che si dicevano tra loro.
Mia mamma faceva un sacco di raccomandazioni a mia nonna:
“mi raccomando che mangi, coprilo bene, non me lo “sperdete”, attenzione agli zingari, le “camiciolette” le hai preparate ?, la pommarola ?, prendi anche il tonno a lui gli piace e mi raccomando stai attenta alla zia Nice: lei ci vede poco ed ha sempre la testa tra le nuvole, e ricordati tutti i santi giorni di telefonarmi ! Hai capito mamma !? “
“Oh Carla quanto la fai lunga! non andiamo mica in Africa !!!”
Povere donne !
Non capivo bene dove mi avrebbero portato.
Parlavano di un posto di mare, di un “bagno” e di una casa.
Era il mio primo viaggio in assoluto ed a distanza di anni, avendo avuto la fortuna di girare intorno al mondo, ne conservo sempre un ricordo meraviglioso.
Non avevo mai visto il mare e non sapevo immaginare cosa mi aspettasse, ero comunque molto felice di andare in vacanza a Viareggio assieme alla mia nonna Adria ed alla mia zia Alice detta Nice.
Non vedevo l’ora di salire, come dicevano loro, sul “Tassi”.
A quei tempi non sapevo cosa fosse un taxi, ma ogni anno aspettavo con impazienza l’arrivo di quell’auto lunga lunga, nera, guidata dal Sig Mario.
Dentro sembrava un salotto, aveva quel profumo di plastica nuova tipica delle automobili appena uscite di fabbrica.
Lui la teneva pulita linda, ogni tanto mi ero accorto che tirava fuori un piumino per rimuovere ogni traccia di polvere.
La mattina della partenza era finalmente arrivata: l’Adria e la Nice cominciavano un viavai continuo di scatole e scatoloni, le valigie non usavano molto a quei tempi.

Il Sig. Mario era paziente e molto gentile, ogni tanto passando mi carezzava e diceva: “ora nini si parte eh…”.
La nonna si raccomandava ogni due per tre di non toccare nulla e di stare fermo.
Una volta caricato tutto ci mettevamo in movimento, io sedevo dietro nel mezzo a loro due che mi proteggevano come fossero due cuscini.
Da via Mameli attraversavamo via I Maggio, il Villaggio Piaggio e poi tutti i paesi: Fornacette, Cascina, Navacchio e quindi costeggiavamo Pisa.
“Nonna Nonna, dove siamo ?”
“Nini siamo quasi alla tenuta Salviati, tra poco giriamo per Torre del Lago, attraverseremo il Viale dei Tigli, vero Mario ?”

Io amavo quella strada, il viale era meraviglioso: una galleria naturale fatta di rami intrecciati con le foglie degli alberi.
Mario faceva una piccola sosta alla fine del viale per prendere un caffè, ma in effetti lo faceva per farmi fare un giretto sulla giostrina che era posizionata vicino al “baretto”.
Quindi attraversavamo tutta Viareggio passando dalla passeggiata a mare: la nostra abitazione costeggiava una delle strade della pineta di ponente: Via Lepanto.
Per trovare casa non esisteva ancora Airbnb, c’erano le “sensali”: delle signore che erano appostate in ogni angolo della città, erano sveglie, simpatiche e sempre disponibili, la domanda ricorrente era: “Avete bisogno di un appartamento per le vacanze, di un “bagno ?”
In seguito se ti vedevano interessato, ti invitavano a visitarlo, contrattavi sul prezzo; non ti fregavano mai, in modo che tu potessi parlare bene di loro ai tuo amici e parenti: il marketing del passaparola.
Noi come ogni anno la casa la trovavamo tramite la nostra famiglia: i Belli, Pasquale Belli detto “Pensoio” era il babbo di mia nonna, conoscevano tutti, dappertutto, in modo particolare attraverso i loro contatti ecclesiastici, visto che la loro falegnameria arredava le chiese in molti paesi della Toscana.
Ho passato la mia fanciullezza dentro quella falegnameria che nel frattempo era passato al figlio di Pasquale: lo zio Faustino e poi a suo figlio Elio.
Ero fortemente attratto da tutte quelle macchine rumorose, le seghe circolari, le pialle, etc. con il mio Zio Beppe passavamo i pomeriggi dentro e lui mi costruiva sempre qualcosa con il legno: ricordo un bellissimo fortino del far west, e poi piccole barche, aerei, carretti le cui ruote erano dei cuscinetti d’auto, etc.

I falegnami mi allungavano sempre qualche pezzettino di legno che avanzava, ne ricordo due di loro: i “Paoli”: erano babbo e figlio, bravissimi e molto simpatici.

La mia nonna Adria si era innamorata di un bellissimo e dolce operaio: il mio nonno Cesare, il quale dopo aver avuto il consenso dal suocere per portare avanti il fidanzamento si era licenziato dalla ditta, non sopportava l’idea di essere raccomandato e di sposare la figlia del “padrone” ed aveva trovato occupazione presso la Piaggio: la fabbrica della Vespa, dove in seguito al suo pensionamento era entrato a lavorare anche il mio babbo.

Torniamo a Viareggio: Da anni la nostra casa era quella di Marina e Turiddu: la mia nonna diceva che lui faceva “le ali alle mosche” intendendo dire che sapeva fare ogni cosa dall’idraulico al falegname al giardiniere, etc
Poi c’erano i figli: i miei amichetti Alfredino e Francesca.
D’inverno abitavano nella casa che noi occupavamo e d’estate si ritiravano in quella che io chiamavo la “casetta delle fate”, in seguito ho scoperto che si chiamano “viareggine”, era situata in fondo ad un giardino-orto e vi si accedeva attraverso un lungo e stretto corridoio.

La nonna ogni tanto mi permetteva di restare a cena con loro, Marina sapeva benissimo cosa mi piaceva da mangiare, la mattina dal profumo che arrivava dalla casetta indovinavo già che mi avrebbero invitato a cena, si respirava nell’aria un intenso odore di pommarola di cui io ero ghiotto, lei poi il pomeriggio me la faceva assaggiare spalmandola su una gigantesca fetta di pane:
“Cesarino vieni a fare merenda, c’e’ il pane di Benzio (era un forno che si trovava in via Mazzini) con la pommarola !”
Con Alfredino e Francesca si sedeva al tavolo e si mangiava felici.

Cominciava lo scarico:
Mario prendeva le scatole e le disponeva seguendo i loro consigli.
Successivamente veniva pagato; gli davano sempre una cospicua mancia, e lui con un inchino ed gran sorriso, dopo avermi accarezzato, partiva per il viaggio di ritorno, a volte ci diceva che sarebbe andato a prendere un’altra famiglia per accompagnarla a Pontedera per loro le vacanze erano terminate.

Ogni scatola era legata con un cordino, che veniva poi sempre recuperato.
I nodi erano semplici, tenevano ma magicamente si scioglievano al loro tatto.
Tutto era perfetto, una precisione maniacale, Adria aveva la sue scatole, cosi’ come Nice ed una era quella del piccolo Cesare.
Le due signore avevano abiti sobri, la Nice aveva fatto la camiciaia da giovane, per questo indossavano sempre delle bellissime blouse bianche immacolate che cucivano assieme durante l’inverno ed erano a volte impreziosite da uno spillo da balia in oro tramandato da generazioni, particolare attenzione era riservata ai bottoni che sceglievano dopo ore ed ore di consulto.
Cesare nelle sue scatoline aveva i costumi, i giocattoli, e le mitiche “camicioline”: erano di una lana sottile e pungente che ti facevano prendere il sobbollito se le indossavi un giorno intero.

Poi c’erano i viveri: fedeli al detto: “lì è tutto caro, bimbo: aspettano i bagnanti per spennarli come polli !”.
C’era un poco di tutto: pasta, riso, tonno in scatola, fagioli, la conserva casalinga di pomodoro (ogni barattolo era avvolto in fogli di giornale), i biscotti (le famose Marie), la marmellata di more, il pane per i primi giorni, le mele, lo “spirito” per disinfettare, l’aspirina, etc…
Prima di sistemare cominciava il rito della pulizia e disinfestazione che durava all’infinito.
Tutto era pervaso di un profumo di alcol e carbolina che era presente nei loro abiti.
Quindi cassetti, cassettini, armadi, mensole, credenza, ogni angolo e cassetto veniva magicamente riempito.
Naturalmente si dimenticavano sempre a casa qualcosa.
Io ero felice quando mancava un oggetto, perché il giorno dopo saremmo andati al mercato.
Il mercato di Viareggio per me era come Disneyland, una miriade di banchi di ogni specie, casalinghi, pesce, carne, formaggi, l’edicola, l’uomo degli ammollati (anni dopo ho saputo che era soprannominato il Taccolino) dove io non volevo entrare perchè c’era un puzzo fortissimo di acciughe e di stoccafisso e poi mi faceva impressione quei poveri pesci seccati ed appesi sopra il banco.
Non mi piaceva neppure la pescheria, con quell’odore fortissimo di pesce; loro dicevano che ero “stucco”.
Comunque un giocattolino comprato al volo su qualche banco ci scappava sempre.
Poi c’era una grande rosticceria: “Sergio”, con le vetrine sotto i loggiati era la mia preferita, lì andavamo una volta a settimana a comprare il pollo con le patate: buonissimo !

Ricordo bene che una volta mi portarono alla stazione di Viareggio per farmi vedere i treni.
Era la prima stazione che visitavo: ero entusiasta nell’ammirare tutta quella gente che arrivava e partiva e poi i treni, carichi di pacchi e valige, che spettacolo !
“Nonna, nonna non possiamo salire su un treno ?”
“Nini un giorno ci andremo via… ti porteremo a Lucca !”
Prendemmo anche il sottopassaggio ed arrivammo su un binario: mi tenevano in mezzo a loro, stringendomi le piccole mani per paura che non finissi sotto un treno.
Visitammo la sala di aspetto anzi le due sale di aspetto:
“Nini questa è la sala di prima classe quella dove possono entrare i Signori, quelli ricchi, anche i vagoni sono più belli”
“Nonna noi in quale classe viaggeremo ?”
Lei sorrideva e mi abbracciava
“Noi in primissima classe Nini ! Vero Nice ?”
Successivamente mi portarono nel bar dentro la stazione a prendere un gelato.

Anni dopo sono arrivato e partito da quella stazione innumerevoli volte: mi fermavo nella sala d’aspetto di seconda classe e mi sembrava che loro fossero lì vicino a me, percepivo il loro profumo di violetta e carbolina, ammiravo i quadri dipinti con colori cupi appesi alle pareti: erano le opere di Lorenzo Viani, che in seguito è diventato uno dei miei pittori e scrittori preferiti.

L’Adria era una donna bellissima, aveva i capelli bianchi che ogni mattina si pettinava, a volte lo lasciava fare a me, era sempre in ordine ed aveva un sorriso che ti ammaliava.
I capelli poi venivano intrecciati in una crocchia che lei fermava con delle forcine, il viso così le brillava gli occhi erano di color grigio, piccoli.
Stessa pettinatura aveva anche la zia Nice che aveva un fisico più minuto, ma il viso aveva gli stessi tratti della sorella.

La nonna non l’ho mai vista una volta arrabbiata, aveva un carattere mite e una fiducia immensa verso il futuro quasi disarmante, cosa che ha trasmesso anche a mia mamma Carla, non si perdevano mai d’animo, il loro motto era : “vedrai che in qualche modo faremo, qualcuno ci aiuterà”
Era una donna molto religiosa, ogni primo venerdì del mese mi portava a messa, a me piaceva andarci perchè nella chiesa della Misericordia davano una piccola candela da accendere e poi una volta usciti mi comprava una pasta dal Crespina, una pasticceria in piazza Del Duomo a Pontedera.

Ogni tanto andavamo al cimitero a visitare i nostri cari, era lo stesso percorso di anno in anno, lei mi raccontava chi erano, cosa avevano fatto nella vita, i loro soprannomi, aneddoti, etc

La prima fermata era riservata alla tomba del suo babbo: Pasquale Belli detto Pensoio, che era arrivato sino a 99 anni, poi tutti gli altri parenti.
Successivamente Faustino suo fratello e la zia Anita.
Io gli domandavo come mai la zia non avesse la sua foto come tutti gli altri ?
Lei mi raccontava che il Figlio Renzo era disperso in Russia e per questo motivo avrebbe voluto neppure apporre il nome sulla sua tomba.

L’ultima tappa, la più toccante era quella dedicata alla tomba di suo marito Cesare Fiorentini, io porto lo stesso nome nel suo ricordo.
“Nonna Nonna perché piangi ?”
“Nini vieni qui, abbracciami forte forte !
Sai il tuo nonno era così impaziente di vederti nascere, non c’era giorno che non ti nominasse, aveva tanti progetti , ma purtroppo è volato in cielo un mese prima che tu arrivassi.
Via dammi un bacino che andiamo…”
“Nonna il Nonno Cesare è diventato una stella ?
“Si tesoro una stella che luccica e brilla, stasera andiamo sul terrazzo a vedere se la troviamo !”
“Nonna non possiamo chiamarlo e farlo tornare a casa…?”
“No tesoro non possiamo ma lui ci vede da lassù e prega per noi in modo particolare per te che porti il suo nome”

Rimanevo ore ad ascoltare i suoi racconti di gioventù o del periodo della guerra, dei bombardamenti e di quando erano sfollati al Tempio Di Minerva a Montefoscoli e poi a San Miniato con il racconto di mio nonno che solo per un puro caso sfuggì alla strage del Duomo.

Come vi ho raccontato la casa di Viareggio si trovava nel quartiere Marco Polo in Via Lepanto, dopo aver sistemato tutto e pulito a dovere loro cominciavano a cucinare, la prima sera il pasto era frugale, poi nei giorni successivi tutto andava a regime, tonno e fagioli il venerdì, pollo e patate arrosto il giovedì, arrosto con insalata la domenica, pane e pomodoro non mancava mai.
La prima notte nella casa di vacanza aveva sempre un qualcosa di speciale, non c’era la televisione, loro portavano una radiolina che spesso faceva da sottofondo, dopo aver cenato mi portavano a letto, mi raccontavano una favola a due voci, a volte non se la ricordavano tutta ed andavano a braccio, io amavo queste due donne, infine due bacetti e buonanotte.
Durante la notte mi sembrava di vedere la loro ombra accanto a me, loro dicevano che ogni tanto controllavano che respirassi, non volevano che mi succedesse qualcosa.
Avevo fatto una scoperta fantastica: fingevo di avere male al pancino e loro:
“Nini vieni andiamo a prendere un bicchiere di acqua calda con zucchero e limone”
“No nonna non mi passa !”
“Cosa ti ci vorrebbe nini per fartelo passare ?”
“Un giocattolino del 48 !”
Quindi partivamo alla conquista del mitico 48 !
Una volta entrati ricordo come adesso che c’era un profumo misto di plastica e saponi, a destra appena entrati c’era la cassa con un lungo bancone dove di confezionano gli acquisti, poi nella parete limitrofa un lungo corridoio dove cominciavano i giocattoli, la parte opposta era riservata ai trenini elettrici, poi c’era la sezione dedicata alla cura della persona, della casa, con secchi, posate, biancheria, asciugamani, etc.
Ogni tanto girando per il mondo, in ogni bazar dove entravo e percepivo il profumo di plastica e sapone, la mia mente tornava sempre al 48 ed a Viareggio.

La mattina verso le 8 sveglia, colazione con latte e qualche goccia di caffè d’orzo, marcato Crastan, poi borse, borsette, borsettine, attraversavamo la pineta ed arrivavamo al bagno Elisabetta.
Secchiello e paletta erano d’ordinanza a quei tempi, poi palline con le foto dei ciclisti, soldatini, pallone, etc.

Io a volte avevo paura a fare il bagno perchè in acqua c’erano dei piccoli pesci, gli dicevo che mi avrebbero dato dei morsi ai piedini, loro mi tenevano sempre sotto stretto controllo, credo di non essere mai andato oltre i 30 cm di profondità.

Le giornate passavano quasi sempre con lo stesso standard, loro “chiaccheravano” a valanga ed io lì vicino che giocavo con altri amichetti che loro scremavano accuratamente facendo la tac ai genitori o nonni.

Alcune volte passava a quota bassa un aereo piccolo e con dietro uno striscione pubblicitario e tutti – me compreso – andavamo sotto al velivolo poichè lanciava degli articoli promozionali alcune volte erano proprio dei piccoli giocattoli.
Tutti i giorni ad orari cadenzati passava un piccolo “barchino” e sopra si intravedeva la Sagoma gigante di Burlamacco (la maschera che rappresenta il Carnevale di Viareggio) ed un uomo trasmetteva la pubblicità con un grandissimo altoparlante issato a bordo: promuoveva ristoranti, locali da ballo, negozi, etc, ma a volte faceva anche degli scherzi ai suoi amici o salutava qualcuno passando davanti agli stabilimenti balneari.
“Nonna nonna ma chi è che parla”
“Nini è un signore che si chiama Brunello senti che bellissima voce che ha, potrebbe fare il cantante”.
Quando non passava io gli chiedevo “Nonna come mai Brunello non è ancora passato…?”
Dopo anni ho conosciuto Brunello Romani che mi ha raccontato molti aneddoti su Viareggio, inoltre lui era la Voce del Carnevale: quando i carri sfilano in Piazza Mazzini spiegava il carro, parlava dei carristi e ci metteva del suo, a volte ascoltandolo ti pareva davvero di essere sul carro.
Aveva un grandissimo amore per Viareggio, a sprazzi era un poco polemico, ma la sua voce era meravigliosa, senza inflessioni dialettali ed aveva una facoltà di linguaggio e comunicazione innata e unica.
Durante il periodo di Natale quando la musica veniva irradiata dagli altoparlanti in passeggiata all’improvviso faceva capolino la Sua voce.
Un anno venne estromesso come voce ufficiale del Carnevale e lui ne soffrì moltissimo.

Verso mezzogiorno cominciava la via del ritorno a casa per il pranzo, non ricordo mai una volta di essere rimasto sul mare tutto il giorno, tranne quando ci prendeva un temporale improvviso e stavamo sotto le cabine ad aspettare che passasse.
Loro mi “tappavano” tutto, spesso con due o tre asciugamani, tuoni e fulmini, io ero impaurito ma loro mi stringevano forte e dicevano che anche quando piove e tira vento faceva bene stare sul mare perchè c’era il salmastro:
“nonna cosa è il salmastro”
“nini è il sale che con il vento arriva dal mare”
In effetti se aprivi la bocca ti sembrava davvero che l’aria fosse salata.

Dopo pranzo il riposino era obbligatorio e poi ripartivamo verso il mare, a volte ci fermavamo in pineta, c’era il laghetto con i cigni, e poi tanti bambini con nonni e genitori che giocavano all’aperto; noi raccoglievamo anche i pinoli con cui loro facevano il “migliaccio” ossia il castagnaccio.
Tutto era cadenzato, organizzato, ho girato buona parte del mondo, ma queste vacanze erano e restano veramente indimenticabili e meravigliose.

La sera raramente facevamo una lunga passeggiata sino sul molo: mi portavano sul canale a vedere le barche ed il faro, al ritorno passavamo da un caffè che faceva musica dal vivo con i tavolini fuori: loro mi raccontavano che era un “posto per ricchi”, in effetti costava molto sedersi ad ascoltare i cantanti più in voga del momento, noi sostavamo sulle panchine davanti e loro canticchiavano il motivo che stavano suonando ed io sorridevo: era il Gran Caffè Margherita.
All’esterno si alternavano le locandine di Claudio Villa, Modugno, Nilla Pizzi e Gino Latilla, Nunzio Filogamo, il Quartetto Cetra.
Ricordo benissimo un manifesto con il viso bellissimo di una ragazza: era Giovanna Nocetti nativa di Viareggio e dotata di una bellissima voce.
Anni dopo il locale è diventato più popolare, non fanno più caffè concerto, ma resta sempre un bellissimo locale liberty, con le ceramiche di Galileo Chini.
La pizza rimane la mia preferita così come per i miei adorati nipotini Niccolò e Lorenzo, non vi ho ancora parlato di loro due, anche loro sono innamoratissimi di Viareggio.

Una volta la settimana,in treno venivano a trovarci la mia mamma ed il mio babbo, spesso accompagnati dal mio zio Beppe e dalla mia zia Neva e da Franco, il mio cugino che per me è come un fratello.
Con loro, in anni successivi andavamo al mare a Torre del Lago, ma quella è un’altra storia…

cesare andrisano